SARA: LA VAMPIRA INNAMORATA

Oggi ho iniziato a leggere Cercando Carmilla, un saggio di Franco Pezzini edito da Ananke, e ho fatto qualche riflessione sul personaggi protagonista de La Dama Scarlatta.

Fino adesso mi ero concentrata sui problemi legati al personaggio di Franz, perché per me era il più complicato da affrontare non avendo mai, prima, messo in scena il personaggio di un licantropo. Ma, grazie a Sammy/Yami e ad alcune riflessioni fatte insieme a lei e alla stesura di Werewolf che ormai volge al termine, posso dire di aver preso confidenza anche con questa categoria di personaggi e di aver risolto alcuni dei dubbi che avevo all’inizio.

Così mi sono finalmente soffermata a riflettere su un punto abbastanza importante per me per delineare i due personaggi protagonisti de La Dama Scarlatta, Sara e Franz: la relazione tra i due.

Spiego meglio: fino adesso ho fatto innamorare Seril, un’umana, per quanto strega, di Etienne, decisamente vampiro, e un’umana, Kate, di un licantropo, John. Quindi ho sempre mantenuto un abbastanza classico dualismo umana/mostro. Anche se ho notato che quando scrivo queste storie io sto sempre dalla parte del mostro che, quindi, difficilmente risulta essere tale. Ma di questo sono soddisfatta.

Tornando a noi, ne La Dama Scarlatta invece appartengono entrambi alla categoria del “diverso”, lei è una vampira, lui un licantropo (gli umani in effetti in LDS si vedono poco), ma questo, invece che rendermi le cose più facili, fin’ora mi ha solo portata a fare delle riflessioni. Ad esempio, quei due dovrebbero avere molti meno problemi di coscienza a stare insieme, però è anche vero che di mezzo ci sono altri fattori. Intanto stanno, almeno all’inizio, su fronti opposti e Franz di fatto la inganna, poi, quando la storia si evolve e succedono tutta una serie di cose che so io… beh, mi sono chiesta se gli amici di Sara sarebbero stati così felici di prendersi in casa uno che è stato scagnozzo del nemico. E a questo punto mi sono anche domandata se loro lui non si potessero andare a cacciare in una situazione per cui vengono rinnegati da entrambe le parti. Cioè, siccome il problema è Franz, se il suo essere lupo mannaro non potesse diventare un problema perfino per una come Sara che è una vampira. E quindi quali potrebbero essere le reazioni di Sara ad una situazione del genere.

 

C’è poi una frase citata in questo saggio che mi ha colpita e sulla quale mi sono soffermata:

Fantasticare su streghe e stregoni, vampiri e lupi mannari, su Marte e Venere e sull’uomo delle caverne dentro di noi, significa perpetuare le fantasie di un mondo che anela alla guerra, significa continuare a essere complici della feticizzazione degli ‘altri’ come ‘malvagi, stranieri e inferiori’ ”.

Allora, in parte sono d’accordo. Nel senso che in molte di queste storie il concetto di “altro” è assimilato a quello di “diverso/estraneo” e a sua volta a quello di “malvagio/demonio”. Dracula è il diverso, ma è anche lo straniero, è il male da combattere e da distruggere. Ciò che non si capisce (con il lume della ragione? Non dimentichiamo che siamo in piena età romantica, ma che illuminismo era nato circa un secolo prima) e quindi si deve eliminare.

Parliamo però di storie classiche, di romanzi ottocenteschi che si rifanno a un mondo in cui simili concetti di chiusura e paura erano ancora ben radicati.

E in questo io sono d’accordo, ovvero nel sostenere che in questo tipo di narrazioni si possa leggere una certa dose di pausa dell’ignoto e del diverso (tutto ciò che ha portato a fenomeni come la caccia alle streghe, ad es).

Tuttavia io penso anche che oggi queste storie, se ben raccontate e se scritte alla luce della coscienza dei giorni nostri, possano dire esattamente il contrario. Ora, io non sono un’esperta né una grande lettrice di questo genere di narrativa, ma se penso a un romanzo come quello di Kit Whitfield, Sorpresi dalle Tenebre, direi che esprime il concetto opposto o che per lo meno cerca di proporre un modello di integrazione, tra la popolazione umana e la popolazione non-umana, mostrando anche i problemi e le difficoltà di una tale situazione. È ovvio che siamo sempre di fronte a storie in cui due entità differenti, gli umani e i… diversi, i mostri, quello che volete, si trovano a confrontarsi e spesso a scontrarsi. Ma non direi affatto che sostengono un’ideologia guerrafondaia, anzi… Perfino in romanzi come quelli della Hamilton, che pure a me non piacciono, non trovo calzante questa lettura, proprio perché il presupposto di base è una società in cui gli umani e i vampiri tentano di convivere.

Oh, nessuno dice sia facile. Ma non è facile nemmeno nella realtà!

Prendiamo la situazione italiana: quante difficoltà ci sono per l’integrazione e la convivenza degli immigrati? E non sono certo dei mostri, sono persone come noi solo provenienti da altri paesi. Eppure l’Italia (ma anche l’Europa), come stato, fatica a trovare delle soluzioni per facilitare i processi di integrazione. Questo è uno dei grandi temi del nostro tempo e se un romanzo mette in scena il tentativo di integrazione tra umani e licantropi, perché non potrebbe essere la metafora di qualcosa di più reale?

È verissimo, quindi, che alla base di queste storie ci possa essere una errata concezione del diverso, ma è anche vero che tramite una storia fantastica questa concezione possa essere corretta e analizzata.

Oggi, e Twilight ce lo insegna, il vampiro non è più il mostro da distruggere.

Prendete la storia di Bella e Edward e mettete che invece di essere un vampiro lui sia uno studente straniero, emarginato e guardato con sospetto dai compagni perché diverso… Esistono film per adolescenti con queste caratteristiche e non penso che nessuno si sogni di dire che sostengono un’errata concezione del diverso o dello straniero. Anzi, sono visti con favore perché mostrano come, anche attraverso i rapporti d’amore e d’amicizia, possa essere possibile integrarsi.

Io credo che si stia andando nella direzione giusta, in questo senso. E non lo dico solo perché, come scrivevo sopra, quando sono io a scriverle, sto sempre dalla parte del mostro (io avrei fatto vincere Dracula, con tutto il rispetto per Van Hellsing), ma perché credo veramente che le storie di vampiri, lupi mannari e affini, oggi siano diverse da quelle dell’Ottocento e che quindi abbiano alle spalle quel background cosmopolita e multietnico che caratterizza una società multirazziale come la nostra.

Sono le due anime di un problema attuale: la globalizzazione e l’integrazione. Se trovano spazio in una storia fantastica… tanto meglio. La letteratura fantastica serve anche a questo: a esorcizzare le nostre paure.

LA FILOSOFIA DEL NON LUOGO

Tutto per colpa di Libba!

Ho infatti iniziato a leggere Una Grande e Terribile Bellezza, romanzo new gotich che sta riscontrando un grande successo di pubblico.

Non sono arrivata molto avanti, però, perché a un certo punto una frase sulla posa dei cavi elettrici mi ha fatti schizzare in piedi per gettarmi sul blocco di appunti per La dama scarlatta. Panico: Londra 1895.

Nemmeno sul dove e quando riesco più ad essere originale. Mi viene da piangere.

Ma tutto questo mi ha fatta tornare su un argomento che avevo già discusso qui sia riguardo LCB che Danika, ovvero l’idea e l’uso che faccio delle ambientazioni. Se è vero che il background ambientale dello Si-hai-pai è stata l’immensa creazione di un mondo ispirato a due culture reali (quella cinese e quella giapponese antiche), altrettanto lo è il fatto che scrivendo LCB io abbia adottato un punto fermo: “qui e in ogni luogo”. Cioè, nella stesura di LCB, che doveva essere ambientato in una Milano contemporanea, ha prevalso invece il desiderio di narrare dei personaggi e quindi la città, senza nome, volutamente, in cui la storia è ambientata può essere una qualsiasi cittadina di media grandezza del nord d’Italia, ma, se volete, più in generale del centro Europa.

Nel pensare La dama scarlatta, invece, l’idea è stata quella di ancorarla a un tempo e un luogo ben precisi e quindi gran parte del lavoro preliminare sarà dedicato allo studio della Londra Vittoriana. Questo mi ha fatta pensare a una frase che mi è tornata in mente leggendo Libba: “se volessi scrivere di una storia ambientata a Mosca dovrei documentarmi sulla città e la sua storia”. Che poi è quello che NON ho fatto con Danika, in quanto, a un certo punto, mi sono resa conto che il volerla radicare in una Russia reale, seppur futuristica, sarebbe stato oltre le mie forze, oltre le mie conoscenze di quel paese. Penso a Mosca non solo per via di Danika, attorno alla quale poi ho costruito un mondo inesistente nel quale far muore i personaggi, ma anche perché ho come modello una saga come quella di Luk’janenko nella quale l’autore conosce profondamente la città in cui vive e ambienta le sue storie.

C’è un legame tra l’autore e la sua città, quindi le sue storie sono radicate in essa.

Lei mie storie urbane sono un po’ zingare invece. In questo senso “la filosofia del non luogo”, cioè sono storie che si sviluppano su uno strato di micro-luoghi (in LCB l’appartamento, il parco, la casa d’aste, la Villa, ad es), ma sono del tutto slegate da macro-luoghi (città, regioni, stati). Questo vale anche per Danika, sebbene in quel romanzo ci sia una costruzione di luoghi che fanno da sfondo, ma, come dissi un post orami remoto, l’ambientazione di Danika è più un’ambientazione si spazi interni, che possono essere interni agli edifici, ma anche interni ai personaggi (anche se uno dei problemi della “seconda parte” è proprio quello di aprire verso l’esterno la storia, così come l’animo della protagonista).

Con La dama scarlatta in qualche modo si cambierà registro: una Londra vera di un tempo vero, sulla quale però devo documentarmi. E il motivo per cui questa storia è legata a questo tempo e a questo luogo sta esclusivamente nel tipo di atmosfere che evocano: una Londra grigia, fumosa, sfuocata e un tempo di passaggio, di paura e di esaltazione, di inizio e di fine.

Ora, a parte la reazione isterica che ho avuto nello scoprire di non essere riuscita nemmeno ad imbroccare un tempo e un luogo originali, le prime pagine del romanzo della Bray mi hanno fatta riflette perché… beh, nemmeno lei è londinese. È texana, figuratevi. Ma riesce cmq a richiamare quelle atmosfere di cui sopra, quel mondo vittoriano e gotico nel quale anche me piacerebbe fare muore i miei nuovi personaggi.

Ergo, non è una cosa impossibile riuscire ad avocare quel mondo, bisogna solo studiare per riuscire a riprodurlo.

Ok, la tentazione di buttare tutto all’aria solo perché “Londra. 1895” era già stata presa m’è venuta, come tutte le volte. Poi però ho pensato che, se non riesco a superare sto scoglio del tempo e del luogo reali non riuscirò mai a passare oltre. Insomma, ci sono Budapest, Praga, Vienna, Barcellona, Parigi e Damasco che mi aspettano (diverrò un’esperta geografa… io che odio la geografia).

Ah, sì, perché da un pezzo mi frulla in testa l’idea che, potenzialmente, e storie della Congrega sono infinite e quindi stavo meditando di usarle per fare un giretto del mondo.

Damasco. 1920. Potrebbe essere Lilith. Ma non so… quindi non ci penso.

Ad ogni modo, cercherò di studiare un po’ il romanzo della Bray per capire come gestisce lei l’ambientazione e potrebbe già essere un buon punto di partenza per dare corpo a certe immagini che in testa per gli scenari de La dama scarlatta.

Se invece che scrivere potessi girare un film… ah, come la vedo chiaramente la prima scena. Ciak… motore… azione!

STORIE DI LUPI MANNARI

Non è una recensione del Mammut, ma solo una raccolta di pensieri seguiti alla lettura del testo.

Immagine di Storie di lupi mannari

Dunque, ho deciso di leggere questo tomo da più di mille pagine fondamentalmente per studiare in vista di un prossimo romanzo della Congrega dove uno dei personaggi principali sarà un Licantropo. Ma siccome io sono notoriamente ignorante in materia ho deciso che, forse, era il caso di documentarmi prima di scrivere, anche per rendere il mio personaggio più credibile.

Come già era accaduto per il Mammut sui Vampiri, la parte che più mi interessava era quella saggistica. Speravo di trovare, come in Storie di Vampiri, uno spazio, anche abbastanza ampio, in cui venisse spiegato e illustrato attraverso la storia della letteratura il mito del Licantropo e le sue caratteristiche. E questa parte in effetti c’è, non è che manchi; solo che è composta da poco più di quattro paginette striminzite.

In sostanza, mi ha illuminata di più la socia Yami che non il tomo della Newton.

I racconti poi non mi sono stati di grande aiuto. Un paio li ho trovati interessanti: Hugues, il Lupo Mannaro e Loki, anche Pelliccia Bianca è stato interessante. Tutti e tre presenti nella prima parte, quindi nella sezione che raccoglie storie più classiche e tradizionali.

Tuttavia i racconti di questo volumone li ho trovati piuttosto noiosi e ripetitivi. In sostanza, che siano storie della tradizione o racconti di autori più recenti, lo schema appare sempre abbastanza simile: un personaggio ascolta o vive un’avventura nella quale un uomo o una donna si rivelano, con sommo orrore di tutti, essere dei Lupi Mannari che alla fine, immancabilmente, vengono uccisi. Quasi sempre viene usata la prima persona per rafforzare l’impressione di veridicità del fatto narrato e questo volere ridurre a “cronaca” l’evento sensazionale rende buona parte dei racconti privi di quel pathos che invece ci si aspetterebbe in racconti di avvenimenti che esulano dal quotidiano. Spesso non si offre al lettore nessuna descrizione del “mostro” limitandosi a etichettarlo come “Lupo Mannaro” e lasciando che l’evocazione di questa creatura provochi una qualche emozione.

Ovviamente i racconti sono tanti, diversi per stile ed epoca e sono quindi tutti differenti, ma queste sono le impressioni generali che ho tratto sulla maggior parte del volume. E sono tutte cose che potevano andar bene nell’800 e in una società ancora pervasa da una certa superstizione. Ma nella narrativa moderna non basta dire “è un Lupo Mannaro” per ottenere qualcosa, né tanto meno limitarsi ad assicurare al lettore che “voci sostenevano che fosse un Licantropo”. Oggi tutto questo va “messo in scena”.

Ed io cercavo proprio un aiuto di questo tipo. Cioè, non essendo una grande frequentatrice di letteratura gotica o horror, volevo capire il mito del Licantropo, volevo imparare cosa fosse un Lupo Mannaro, al di là dell’iconografia cinematografica. Volevo destrutturarlo e ricomporlo a mio modo. Insomma, volevo trovare una mia risposta alla domanda: perché quella del Licantropo dovrebbe essere una figura spaventosa e tormentata?

Che poi era il discorso che facevano con Yami qualche post fa.

Ma non volevo leggere cose recenti per non esserne influenzata. Volevo conoscere la tradizione e partire da quella. Purtroppo però non ho fatto grandi passi avanti. E a questo punto temo che dovrò o dare la caccia ai film o mettermi a leggere qualcosa di contemporaneo… new gothic.

Non so quanto possa essermi utile o, al contrario, quanto possa essere controproducente. Personalmente sono un po’ spaventata dall’idea di immergermi in questa cosa. Non vorrei assorbirla talmente tanto da non poterne più scrivere come, temo, mi stia accadendo con gli schemi del fantasy.

Dall’altra però mi serve una “guida pratica alla licantropia”. Non vado infatti molto oltre la trasformazione con la luna piena. Tutte le imbeccate che mi ha dato Yami mi hanno aiutata a capire che la cosa è un po’ più ampia, ma mi manca il materiale per dare risposte precise alle mie domande.

Confidavo in questo Mammut, ma in realtà sono ancora ferma al palo ç_ç

LICANTROPIA

[post che fa il paio con il post protetto “Il mio Licantropo” sul blog di Simona/Yami]

 

Questo post serve più che altro a me per raccogliere alcune idee prima di discutere la faccenda con Simona.

Intanto, Simona ha fatto degli studi scientifici e ha una preparazione zoologica, ma non solo, e poi è un’appassionata di lupi, inoltre ha frequentato, senza dubbio più di me, la narrativa fantastica horrorifica e conosce più esempi letterari di me riguardanti la figura del Licantropo. Quindi mi è venuto spontaneo rivolgermi a lei per avere alcune delucidazioni.

La mia conoscenza dei Licantropi, infatti, si limita alla visione del film Van Hellsing, della serie Underworld e di qualche episodio di Buffy in cui c’era l’adolescente Licantropo. Per il resto so quello che sanno tutti: è un uomo che si trasforma in lupo, nella maggior parte dei casi con la luna piena, e si uccide con armi d’argento.

Come vedete una conoscenza approfondita °_°

Eppure, qualche mese fa (eoni fa), quando ho iniziato a pensare a Sara come personaggio e a una possibile storia identificata con la sigla “LCB/2”, mi è subito venuto in mente di affiancare alla protagonista questo personaggio affetto da Licantropia. Ho anche iniziato a pensare seriamente a storia e personaggi, ma quando mi sono soffermata sul personaggio del Licantropo sono rimasta un attimo basita.

Per raccogliere informazioni e leggere qualche testo “classico” mi sono affidata al Mammut di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco Storie di Lupi Mannari. Immaginavo che, come per il volume dedicato ai vampiri, ci fosse un’introduzione in cui spiegava “il mito” del vampiro e le sue varie declinazioni. E in effetti c’è, ma è costituita da sole poche pagine che si possono trovare riassunte che su Wikipedia.

Punto comunque interessante della trattazione è l’originario legame tra il Licantropo e i riti sciamanici. Questione che potrebbe venirmi in aiuto. Ma che ha anche accentuato un’impressione che avvertivo da un po’, lavorando sul personaggio del Licantropo che affianca Sara nella storia: ovvero che la condizione del Licantropo, specie rispetto a quella del Vampiro, non è poi così drammatica.

No, lo penso sul serio. Insomma, volete mettere il fatto di essere morti, costretti a nutrirsi di sangue e a uscire solo di notte, con il mutare forma una volta al mese!

Così ho iniziato a domandarmi che cosa renda l’uomo lupo così terribile, a parte la sua forma animalesca. E dalla lettura del volume di Pilo-Fusco ho ottenuto fin ora solo una risposta: la ferocia, che spesso si scatena contro umani e armenti.

E ancora non capisco perché debba essere considerata una creatura così terrificante. Anche i comuni lupi erano considerati pericolosi nelle società contadine per gli stessi motivi: potevano attaccare le greggi e, se affamati o rabbiosi, anche l’uomo.

Eppure un motivo ci deve essere, deve esserci qualcosa (qualcosa che probabilmente io non so) che dia forza a questa figura che, al contrario, non avrebbe riscosso un discreto successo nella narrativa di genere.

Quindi, se voglio che il personaggio che ho in mente sia credibile, devo cercare di capire di cosa sto parlando. Ed ecco che mi ricollego all’incipit del post: per questo ho deciso di confrontarmi con Simona che, non solo ha informazioni zoologiche sul lupo come animale, ma che ha anche una certa esperienza con la narrativa di genere.

Un punto sicuramente importante nella figura del Licantropo è il contrasto tra la natura di uomo e quella di bestia. Ho provato a ragionarci: potrebbe essere metafora di opposti come “ragione” e “istinto”. Non per niente la figura del Licantropo (come quella del Vampiro) hanno grande popolarità nella narrativa Gotica, quindi siamo in piena epoca Romantica, quando cioè la letteratura europea ha un moto di rivolta verso le tendenze Illuministe che avevano caratterizzato il secolo precedente. Questo è importante anche per il tipo di ambientazione nel quale ho scelto di collocare la mia storia.

Inoltre il concetto di “istinto” è qualcosa di molto importante anche per i membri della Congrega e quindi un terreno comune tra Sara e Franz (nome del mio Licantropo). Per i membri della Congrega non è la “ragione”, quindi il puro autocontrollo della mente, che permette all’Incantesimo di impedire loro di diventare vampiri cacciatori sanguinari, ma il “sentimento”, tuttavia questo “sentimento” deve avere la meglio sull’ “istinto”. L’istinto è il lato puramente bestiale, quello che induce alla caccia, all’omicidio, alla sete di sangue. E non si tratta di istinto di sopravvivenza, di andare in cerca di cibo per mantenersi in vita, ma di un istinto brutale, quello di una caccia per il puro piacere dell’ebbrezza che dona predare e uccidere.

Pensando a questo, mi sono domandata a quali istinti fosse sottoposto il Licantropo. La caccia, il procurarsi il cibo, l’istinto primario di qualsiasi animale, ma anche riflettendoci a lungo non sono riuscita a trovare un elemento valido che rendesse questo bisogno “straziante”. Il vampiro uccide per sopravvivere, c’è tutta una questione sul senso di colpa e di necessità dietro. Ma un Licantropo è “costretto” a uccidere per sopravvivere? Da quel che mi pare di capire no. Quindi anche il dualismo ragione/istinto può “facilmente” essere risolto, basta chiudere il lupo trasformato da qualche parte e abbiamo intrappolato la belva.

Forse un punto da approfondire è quello riguardate la “volontà” della trasformazione. Nell’ “iconografia” classica il Licantropo muta con la luna piena, quindi è una cosa contro il suo controllo, in quel momento cede totalmente agli istinti e alla natura bestiale e compie azioni su cui non ha il controllo. Ma la trasformazione può anche essere indipendente dalla luna, può essere gestita dal soggetto. Nel primo caso immagino il tormento di un personaggio che si trova alla mercé di un potere che non riesce a controllare, nel secondo… lo immagino più come un dono, come una capacità superiore che porta con sé altre doti, come un udito più sottile, la capacità di comunicare con altri esseri della propria specie quando si è in forma animale. Questa seconda tipologia la vedo più legata al mondo magico, sciamanico, stregonesco.

Un altro aspetto da valutare è quello del “mostro” che sicuramente ha ripercussioni psicologiche più profonde. Stiamo parlando di un personaggio che esula dalla “normalità” avendo delle capacità fuori dal comune. Questo potrebbe sicuramente portarlo a non accettarsi e a isolarsi dagli altri.

Il concetto di “non accettazione del sé” potrebbe però essere in contrasto con l’idea della “trasformazione volontaria”, mentre sarebbe più indicato nel caso di un Licantropo che segue le fasi lunari.

Partendo dal presupposto che io so perché Franz è quello che è, so che lo è da sempre, anche se non se l’è scelto e  so che c’è un episodio legato al suo legame con Julian che lo fa sentire responsabile della morte di una persona a lui vicina, continuo a non sentire drammaticità in lui. Non lo vedo molto in conflitto con se stesso. Anche perché Franz non è Etienne e non ha speso secoli a rimuginare sulle disgrazie della sua vita.

In realtà la più grande disgrazia della sua vita, causa di tutte le altre, non è la sua natura di Licantropo, ma il fatto di aver incontrato Julian. Certo, se Franz non fosse stato un Licantropo Julian non lo avrebbe avvicinato. È un circolo vizioso. Ma il più grande peso di Franz resta la sua sudditanza verso Julian.

E qui mi sono ricordata un documentario sui lupi che avevo visto la cui conclusione era “il lupo solitario non esiste, è solo un mito”. È vero, il lupo non è affatto un animale solitario, ma anzi è un animale sociale che affida la propria sopravvivenza al branco. Questa ad esempio è una delle debolezze di Franz, il fatto di essere (come spesso Maurizio dice per insultarlo) più un “cane” che un lupo. 

Questo in qualche modo è collegato al concetto di “mostro”. Ovvero, il fatto che il Licantropo sia collegato al vampiro si può far risalire al fatto che sono entrambi dei “diversi” e quindi, sfuggendo la compagnia degli uomini, si trovano a condividere la stessa “nicchia ecologica” (passatemi il termine).

A parte questo credo che mi manchino delle informazioni pratiche sulla vita dei Licantropi per riuscire e a comprenderne la drammaticità. Ma devo dire che Simona già mi ha illuminata con il suo post e mi ha dato alcuni elementi che io non conoscevo e su cui rifletterò.

AGGIORNAMENTI VARI

Ultimamente sto leggendo molto e scrivendo pochissimo (quasi per niente). La verità è che mi sono di nuovo piantata con Miriam&Omar. C’è come un muro tra me e loro, e la storia ne risente. Vorrei davvero finire il loro romanzo per Gennaio 2009, ma temo che resterà per l’ennesima volta nel limbo. Non so come uscire dal pasticcio in cui li ho inguaiati e non riesco a sentirli. Quel romanzo è nato male, fa schifo e a volte penso davvero che forse non valga la pena finirlo.

Oltre a ciò… beh, c’è da dire che mi sono lasciata convincere a dar retta ad alcuni personaggi “nuovi” e così ho iniziato a prendere appunti e a farmi domande. La fase di creazione e scoperta dei personaggi è sempre quella che mi piace di più e così mi sono lasciata un tantino trasportare. Del resto con questi “nuovi mostri” ho sentito subito una forte empatia, so quello che provano e intuisco abbastanza facilmente come è stata la loro vita prima dell’inizio della trama stessa. Mi affascinano e li sento, li riesco a vivere. Tutti, cattivi compresi, il che è un grande passo avanti per me.

Non vorrei iniziare a scrivere, perché mi sentirei in colpa nei confronti di Dani&Andrej, ad esempio, e delle altre storie in sospeso, ma devo ammettere di essere molto tentata.

Sembra che io lo faccia apposta a iniziare Miriam e poi perdermi dietro altre cose: la prima volta mi persi dietro a Danika, prima, e LCB, poi, adesso… adesso dietro a LCB/2.

Per scrivere di Dani&Andrej mi serve lo spirito adatto e, spt, devo ancora capire come far esplodere tutto. Ma spt la storia di Dani merita e necessita di un’attenzione diversa e di profonde riflessioni. Non la posso scrivere e basta! La storia di Dani va vissuta, per questo sono ancora in dubbio su come agire una volta che avrò scritto cap24. Dani, insomma, necessita di un po’ di depressione artistica, della depressione dello scrittore. E io adesso sono “troppo serena” per scrivere di Dani.

Ma iniziare LCB/2 mi sembra davvero facile. Sento la voglia di documentarmi e preparare la trama, di investigare sulle vicende dei miei personaggi (che non è che siano proprio felicissime, come sempre). Insomma, mi entusiasmo pensando a questa nuova storia.

Invece Miriam… lo ammetto, è diventata un po’ un peso. Mi piace quello che ho scritto fin ora, nonostante tutto, però non sento un grande slancio per cercare di disincagliarmi dal punto in cui mi sono arenata.

In LCB/2 mi intriga molto anche l’ambientazione che ho scelto, benché ponga delle difficoltà non indifferenti. Però mi sento motivata. E anche le vicende emotive dei personaggi, per ora solo riferite al loro passato mi toccano e mi incuriosiscono.

Beh, dopo questa lode del fatto che la mia nuova creatura mi spinga iniziare l’ennesima scalata, devo anche dire che prima di mettermi a scrivere anche solo una riga su La Dama Scarlatta dovrò studiare parecchio. E in realtà mi sono già fatta una bibliografia. Inoltre ho trovato alcuni romanzi che potrebbero aiutarmi ad appropriarmi di certe atmosfere.

Motivo per cui dovrei darmi una mossa coi libri che ho preso in biblioteca. Per questo mi alzo al mattino molto presto e vado a letto la notte molto tardi, per riuscire a finire un romanzo al giorno. Tuttavia anche dal punto di vista delle letture dovrò modificare il tiro: volevo leggere qualche best sellers, nuove uscite e continuare la mia caccia agli autori italiani di fantasy, leggere classici e mettere piede nella narrativa di vampiri (visto che starei per mettermi a scrivere la mia seconda storia che vede dei vampiri tra i personaggi e pensavo fosse venuto il momento di capire cosa si scrive in giro a riguardo). Invece tutto bloccato: niente più libri sui vampiri fino a che non avrò finito LCB/2 per non essere influenzata. Aver scritto LBC/1 senza sapere nulla del genere mi ha permesso di fare quel che volevo senza pormi troppi problemi. Quelli sono venuti dopo, quando ho iniziato a leggiucchiare qualche classico del genere e ho capito di essermi naturalmente inserita nel solco della tradizione. Poi dovrò rimandare ancora la lettura di numerosi fantasy italiani che attendono sul mio comodino e anche di alcune nuove uscite (che volevo leggere per dovere di cronaca). Sì, invece, ai classici, anche se selezionati… eh, eh… ho qualche bel titolo istruttivo in mente.

Alla fine temo che abbandonerò (forse solo momentaneamente Miriam) per dedicarmi a Sara.

È vero che ho moltissime storie già abbozzate, ma tante di esse non sono che embrioni che aspettano il momento giusto per crescere e nascere. Sono nella mia testolina e tra i miei appunti, quando ne sentirò il richiamo lo asseconderò. Adesso è La Dama Scarlatta che mi chiama e forse è il caso che risponda. Sento di doverlo fare.

E vediamo di spendere due paroline due su LCB/2: come aveva annunciato non sarà il seguito di LCB, niente robe con “i figli di…” e nemmeno apparizioni dei personaggi che fanno parte di LCB/1. Certo, ci saranno alcuni accenni, com’è naturale, ma LCB/2: La Dama Scarlatta sarà una storia del tutto indipendente. È la storia di Sara, che non è più (come nella primissima versione) la figlia di Etienne, ma un membro molto giovane della Congrega che ha alle spalle una sua vicenda e che sarà legata a una serie di personaggi altrettanto intriganti. Sarà ambientata nel 1895 nella Londra Vittoriana, anche se in realtà la vicenda di Sara ha inizio a Parigi tra i quartieri di Pigalle e Montmartre.

SARA E LCB2

In realtà LCB2 doveva essere quello con Lilith, ma come sapete sfrutterò il personaggio in altro modo. Resta invece interessante l’altra storia legata a LCB che vede come protagonista Sara, la figlia di Seril e Etienne, e alcuni nuovi personaggi. Quella che avevo intitolato La Dama Scarlatta, per intenderci.

L’idea non era del tutto da buttare, ma devo ammettere che all’inizio era fin troppo simile al suo originale, LCB appunto. Invece qualche mattina fa mentre mi lavavo la faccia ho avuto un’illuminazione… un’idea che dovrebbe permettermi, in un lontano futuro, di scrivere questa storia senza che ne venga fuori un clone di LCB.

In realtà tutto è nato dal fatto che vorrei tanto leggere Ragazze Lupo, nuovo libro edito da Fazi, ma per prima cosa costa tanto quindi aspetterei l’economica, secondo sto valutando i commenti delle ragazze su aNobii per capire che tipo di storia è, terzo… ho un po’ paura a leggerlo perché non vorrei farmi influenzare. In realtà mi ha già influenzata, il fatto di volerlo leggere, ma di non “poterlo” leggere, mi ha condotta alle nuove riflessioni su questa storia. E cmq, come dice Simona, leggere questo o altri romanzi di genere mi potrebbe anche aiutare, invece che influenzare, a capire che direzione sta prendendo la storia.

Cmq… vorrei, ma non posso, così ho rivoluzionato un po’ la controparte maschile di Sara. Che non è più un personaggio simile a Etienne, un vampiro scelto per guidare la Congrega, ma è… (rullo di tamburi) un licantropo.

E così mi cimenterò con un’altra figura importante di questo genere di storie. Io, che non ne ho praticamente mai lette. Mi sento molto Khor quando dice che legge pochi fantasy, ma li scrive. Perché in realtà credo che scriviamo quel che vorremmo leggere…

Beh, cmq, tutto è molto in fase embrionale: lui era uno schiavo dei vampiri cacciatori che hanno “preso” Michel, il fratello di Sara, si è ribellato, è scappato e ora vuole mettere il più possibile i bastoni tra le ruote dei suoi ex aguzzini, fino a distruggerli. Per farsi aiutare aveva cercato Seril e Etienne, ma… beh, non mi dilungo, qui c’è la questione del quadro e di come e perché loro due sono spariti. Quindi anche lui, come Sara, vuole rintracciare i quadri di Seril e salvare i nostri due. Per questo finiranno per collaborare. Anche se avranno idee contrapposte sulla questione “Michel”, ma anche qui niente spoiler ^__^

LA DAMA SCARLATTA

L’altra notte appena mi sono appoggiata al cuscino è venuta a trovarmi un personaggio. Ed è bastato pochissimo perché conquistasse il mio affetto. Intanto perché è una potenza, poi perché ha delle credenziali di tutto rispetto.

Cmq, La Dama Scarlatta potrebbe essere il terzo volume legato a LCB.

Di solito non amo le storie che parlano dei figli di altri personaggi, ma devo ammettere che Sara ha del potenziale. Fondamentalmente perché è un esplosivo ibrido tra sua madre e suo padre.

Sara Barret. Che sulla porta dell’ufficio ha ancora la targhetta di papà. Che ufficialmente lavora alla casa d’aste ed è una persona seria e rispettata, con camice e occhiali d’ordinanza quando scende in magazzino per esaminare le opere. Una che ha ereditato tutto il talento di papà. E che però, nel “tempo libero” fa la cacciatrice di oggetti magici come i nonni, e la mamma post incontro con il vampiro della sua vita. Insomma, da stimata mercante d’arte si trasforma in una specie di Indiana Jones in gonnella, ma senza la gonnella e con sufficiente esperienza magica per tenere testa alle varie creature che incontra sul suo cammino.

È vulcanica, esplosiva, terribilmente testarda, eppure riflessiva, energica… a volte anche troppo.

E ha una spalla comica abbastanza ridicola e imbranata. Tale Duke, Martin, figlio di quel Martin che lavorava con Sonia e Marcello. Un tipo che basta entrare nel suo “ufficio” per storcere il naso. Tanto il padre era enorme, fisicamente, e incuteva rispetto, quando il figlio è minuto e suscita un certo scetticismo. Sta in una specie di sgabuzzino polveroso e pieno di oggetti non meglio identificati che sembra debbano cadergli addosso da un momento all’altro. Seduto su sa sedia di legno, di quelle girevoli, tipo barbiere anni ’20. Con la matita dietro l’orecchio e l’aria da allibratore. Allibratore imbranato.

Oltre a questo ha una cotta mostruosa per la nostra Sara, ma lui ovviamente non dice una parola e lei non se ne accorgerebbe nemmeno se mettesse dei cartelloni per tutta la città.

Il resto del partere è composto dallo zia, Roberto, che ovviamente cerca di proteggerla e inculcarle un po’ di prudenza, da un’assistente occhialuta, Elisa, che tenta di ricordarle che la baracca (la casa d’aste) deve essere mandata avanti, mentre Sara è sempre in giro, dal povero vecchio e cicciuto Ottavio che fornisce spiegazioni.

Oltre a ciò in giro per il mondo c’è un fratello minore. Michel (alla francese, si legge come il nome della Hunziker, non come quello di Schumacher). Del quale non si sa dove sia, ma si sa cosa stia combinando… più o meno. Michel è una ragazzo difficile, diciamo che parlare di lui è quasi un tabù.

E mamma e papà?

Mamma e papà sono intrappolati nei quadri di Seril. La cosa la dovrei studiare. Perché all’inizio avevo capito che le loro anime erano intrappolate i diversi quadri e bisognava riunire questi particolari quadri, che non si sapeva quali fossero (quindi bisognava prima trovarli tutti) per liberarli. Adesso non so, devo chiedere maggiori spiegazioni.

Cmq, la missione di Sara è trovare i quadri di sua madre e riuscire a tirar fuori i suoi genitori da lì.

Come ci sono finiti?

Ah, bella domanda! Sono stati attaccati a casa loro e stavano per avere la peggio, Sara è giunta nel frattempo e s’è salvata per un pelo. Perché mentre Etienne e Seril le stavano prendendo, è arrivato un personaggio X che ha salvato i due per il rotto della cuffia, ma per farlo li ha intrappolati nei quadri. Il problema che non li ha chiusi solo nei quadri che erano lì, nello studio d’arte di Seril (la mansarda di casa), ma in diversi quadri.

Cmq, Sara non l’ha visto in faccia questo personaggio X, ma lui le ha lasciato una cosa utile.

Infatti Sara un giorno trova uno dei quadri di sua madre in magazzino e decide di chiamare la persona che lo ha mandato da lei una valutazione. Peccato che quando arriva a casa di questo tizio scopra che la casa è piena di vampiri e sia costretta a difendersi perché questi hanno deciso di pasteggiare con lei. Fortunatamente lei è abituata ad andare in giro armata fino ai denti, solo che la pistola di sua madre non ha alcun effetto e così è costretta a usare la “cosa” che mr. X le ha lasciato. Un sobrio pendente che contiene una magica spada d’argento…

Vi dice nulla?

Beh, cmq quella funziona e dopo aver fatto una strage, la nostra ragazza torna a casa con i quadri di sua madre che erano in quella casa.

Dopo di che parte per andare a un’asta (tutto questo lo fa con Duke a rimorchio), ma il quadro di mamma che vuole comprare le viene soffiato da sotto il naso da un facoltoso collezionista. Sara lo blocca dopo l’asta e si offre di acquistare il quadro, ma il tipo le dice che quella era un’asta e che se voleva davvero il quadro avrebbe dovuto offrire di più.

Come dargli torto?

Con tutto che non fa una piega alla scena della figlia disperata per la scomparsa dei suoi che Sara mette su, con talento drammatico notevole.

Cmq, visto che le va male decide di analizzare il quadro di notte, prima che venga consegnato al cliente. Ma prima di arrivarci deve fare a pugni con qualche creaturina decisa a rubare il quadro.

Le va bene perché non è uno di quelli che le serve.

La caccia continua ad un’altra asta, dove purtroppo Sara incontra d nuovo il collezionista milionario. Questa volta però lui la invita a visionare la collezione prima dell’asta e le regala un quadro che ha fatto togliere da quelli in vendita (pagando fior fior di soldi). Il quadro però, utile o non utile, è importante per Sara perché ritrae lei da piccola con papà.

In cambio di questo dono il nostro collezionista arruola la ragazza per farsi consigliare durante l’asta e lei gli fa fare dei buoni affari.

Sara se ne ritorna alla base col quadro conquistato e decide di andare in ufficio, ma non fa in tempo a metterci piede che si ritrova seduto di fronte alla scrivania il solito milionario che le fa una proposta di lavoro: la vuole assumere come esperta per le prossime aste, tutto spesato.

L’offerta è allettante e permetterebbe a Sara di cercare ed eventualmente comprare gli altri quadri.

Le cose vanno pure troppo bene, se considerate che il suddetto collezionista oltre a essere ricco, e munito di castello d’ordinanza in Baviera, è pure bello e affascinante.

E infatti lo zio costringe Sara a portarsi dietro la zavorra Duke.

E qui mi sono addormentata della grossa. Quindi non so esattamente cosa accade dopo. So cosa c’è dietro all’attacco a Seril e Etienne e so perché vengono attaccati e da chi, ma ovviamente non ve lo dico. So che durante il viaggio Sara viene attaccata diverse volte. So anche chi è mr. X e quali sono i suoi intenti.

E spt so cosa è successo alla Congrega dopo che Etienne è… l’ha mollata.

Diciamo che dietro a tutto questo c’è una lotta, ma più che una lotta per il potere è una lotta per la sopravvivenza.

E non dico altro.

Vi dico solo che la Dama Scarlatta da una parte è Sara perché lei è così focosa, dall’altra è un quadro di Seril.

PS: il nostro milionario ha un nome, si chiama Alphonse Frederik. Ed è biondo, uno dei pochi personaggio biondi delle me storie. Ok, non è platinato, direi più castano chiaro, ma cmq è una novità.

 

E dato che sono fortunata ho scoperto che i Tiromancino hanno scritto una canzone per me, cioè che andrebbe bene per tutte le storie di LCB: L’alba di domani.

L’alba di domani ci sorprenderà
addormentati ancora abbracciati
e lo stesso sogno ci trasporterà
oltre i confini più segreti,
forse un nuovo mondo ci riceverà
senza parole né paure
ed il nostro sguardo attraverserà
dei desideri la profondità.
Parla con me aspettando che spunti il giorno,
perchè che non c’è niente che conta intorno,
ma la tua voce ancora un po’ incerta non sa
quello che gli occhi ridendo confessano già.
Non dirmi no,
certe zone delle tua mente che ora non sai
si dischiudono lentamente
e se non ti fa paura
potrai guardare la tua natura
nell’alba di domani, nell’alba di domani
questo desiderio che ci prende, si sa,
e’ un vortice lento,
e’ un fuoco diverso,
fallo divampare, non ci brucerà,
perchè è la vertigine, l’instabilità.
Parla con me aspettando che spunti il giorno,
perchè non c’è niente che conta intorno,
ma la tua voce ancora un po’ incerta non sa
quello che gli occhi ridendo confessano già.
Non dir di no,
certe zone della tua mente che ora non so
si dischiudono lentamente
e se non ti fa paura
potrai guardare la mia natura
nell’alba di domani, nell’alba di domani,
nell’alba di domani, nell’alba di domani, domani, domani…